ATTI E PAROLE

Sto leggendo, in Poesia e Magia di Anita Seppilli, alcune righe dedicate all’atto di dare il nome.

Ora il fatto di dare il nome coincide con l’osare la parola che definisce, che destina, che colloca nell’esistenza. E’ un atto temerario, fondamentale e irreparabile.

Nei romanzi cortesi, nelle leggende di Melusina e delle sue sorelle, le donne soprannaturali dimostrano le loro doti arcane chiamando col proprio nome l’uomo che incontrano, mai visto fino ad allora. Per Confucio e Mencio la corretta attribuzione del nome a uomini e cose costituisce uno dei cardini della vita sociale evoluta. Oggi si fa un gran parlare di anonimato in rete e di nomi utilizzati come specchi (argomento cui, per molte ragioni, sono sensibile): permettere a qualcuno di conoscere il tuo vero nome gli conferisce un potere immenso su di te.

Le parole non si limitano ad attribuire nomi e destini, a ben vedere: distribuiscono emozioni, creano labirinti di pensiero quando la mente vi indugia (parole udite, parole sperate, parole mancate…) e talvolta vacillano, in alcune circostanze. Da qualche giorno un verso di una canzone (autore Pasquale Panella) mi riecheggia in testa: fare l’amore mette in pericolo tranquille parole.

Ecco il punto: alcuni atti mettono in imbarazzo le parole e il loro fluire normale (nel senso della norma, della regola). Suona banale, ma di fatto, credo, ci abituiamo a usare le parole sempre nella stessa maniera, creandoci un repertorio di formule fisse (quasi stessimo scrivendo l’Odissea) che adattiamo a seconda delle circostanze. Tra l’altro, nella vita di tutti i giorni, le circostanze si ripetono all’incirca sempre uguali o quasi, senza deragliamenti.

Gli scarti emotivi mandano in corto circuito questo sistema; atti privi di parole difficilmente, poi, trovano quelle giuste per descrivere ciò che è avvenuto. Le zone d’ombra stanno bene in silenzio, appunto. Ma come parlarne, poi, in modo da conservare davvero quello che è stato agli occhi propri e dell’altro? Cosa incidere sulla nostra personale stele di Hammurabi, cosa tacere, come essere onesti, come scegliere cosa ricordare e come essere ricordati? Le parole evaporate nello stupore dell’emozione si vendicano della loro esclusione.

O, per tornare al punto di partenza, un fatto non esiste se non è parola.

Post a Comment

Your email is never published nor shared. Required fields are marked *