rabbia

La rabbia ha il sapore acido di tutte le sbronze finite male.

E’ il velo di ferro che ti fa camminare pensando pensieri incazzati senza accorgerti del primo giorno di sole, il grumo che sputi in uno scatto immeritato verso chi ti ama, l’impotenza feroce che ti fa quasi prudere le mani dal desiderio di picchiare e sapresti anche esattamente chi dovrebbe cadere col grugno pesto del tuo ceffone, il desiderio di violenza autentica, menare davvero le mani perdio, cantare nitida come una tromba, con chiarezza inequivocabile, perché poi nessuno possa dire “non avevo capito, ti sei spiegata male” – eh, no, se sei scemo non è colpa mia, se fingi di esserlo ti disprezzo.

Non ho mai desiderato di essere nata uomo ma è indubbio, basta questo per garantirti un futuro più semplice, possibilità più ampie, sicurezze più solide. Puoi anche essere scemo o pigro o disonesto ma sei nato uomo, quindi devi dimostrare molto meno il valore che possiedi, e se ne possiedi.

Che sia di nuovo venuto il momento di cercare un altro lavoro? A questo mi ero affezionata ma adesso mi sembra che i costi siano troppo alti. E sono stufa di esibire un sorrisetto amaro di fronte all’ennesima persona che mi dice “scusa se mi permetto, ma mi sembri un po’ sprecata”. Potrei andare a sprecare altrove quel che resta della mia ambizione. Almeno vedrei cose nuove.

La rabbia che mi possiede è una sorta di fumo inebriante, in certi momenti. All’apice della furia mi sento possente e crudele, capace di annichilire obiezioni e tentativi di minimizzazione.

Scuoto la rabbia come una lancia e vorrei solo ferirli, al cuore, di verità infinita.

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