EURILOCO

Io non ho udito le sirene.
Odisseo mi spalmò le orecchie di cera, come a tutti i miei compagni, e si fece legare stretto, poco prima di raggiungere quello scoglio. Mi chiese di vegliare, di impedirgli di liberarsi, di non ascoltare le sue richieste di sciogliere le corde.
Ora io credo senza dubbio all’esistenza delle sirene, ora che ho visto nei suoi occhi tutta l’ossessione instillata da quegli esseri; mai, mai, nei lunghi anni della nostra amicizia, io, Euriloco, compagno fra i più cari di Odisseo, mai avevo visto Odisseo pregare e disperarsi, supplicare senza vergogna, folle come una ménade. Ci vollero tutta la mia forza e quella di Perimede per impedirgli di liberarsi e di gettarsi in acqua; sono certo che non sarebbe riemerso mai più. E chi siamo, io e gli altri compagni, chi saremmo, privati di Odisseo?
E tuttavia, le sirene…
Dopo aver lasciato la terra stregata di Circe, ho sospettato che la maga gli avesse fatto bere qualche farmaco, qualche infuso di erbe sconosciute e funeste; ho creduto che Odisseo fosse impazzito, quando ci parlò di loro. O che avesse perduto il favore degli dèi, e gli dèi fanno impazzire coloro che vogliono perdere.
Ma non ora, non dopo che ha udito il canto delle sirene; era esultante, dopo aver superato gli scogli, come avesse trionfato su un fato avverso e maligno.
Eppure non riesco a invidiargli l’esultanza; egli sa qualcosa che a tutti noi è negato. Se mi avesse permesso di ascoltare insieme a lui le sirene…
Questi esseri fatti di sola voce, queste fanciulle di cui non ho potuto scorgere né il piede nel sandalo, né il biancore della veste, cosa gli hanno detto? Lo conosco: non gli hanno certo parlato di piaceri e bellezza. Questo non l’avrebbe reso così avido di ascoltarle. Quali promesse di conoscenza gli hanno fatto?

Qui, sull’isola del Sole, abbiamo troppo tempo a disposizione. Siamo qui da un mese.
Ho ore e ore assolate e immobili per pensare, e i venti utili ai marinai tacciono, tutti. Abbiamo finito il pane e il vino, e l’isola è avara di uccelli e pesci.
Trascorriamo il tempo a osservare quelle splendide giovenche bianche dalle corna lunate, immaginando rossi, succulenti cosci che arrostiscono sul fuoco. Odisseo ci ha proibito di toccare gli animali, ci ha minacciato e poi quasi implorato. Lui, implorare!

Oggi si è allontanato.
Nel silenzio, mi sembra di immaginare il suono del grasso che cola dalle carni, sfrigolando nelle fiamme.

Trackbacks & Pingbacks 3

  1. From Hortus conclusus - CIRCE on 10 Feb 2010 at 9:35 pm

    […] E’ un percorso che non cessa di affascinarmi ad ogni lettura, l’Odissea. Altrove mi hanno già parlato Penelope ed Euriloco. […]

  2. From Hortus conclusus - ANTINOO on 11 Feb 2010 at 2:48 pm

    […] altre voci dell’Odissea che onorano il mio giardino sono Penelope, Euriloco e […]

  3. From Hortus conclusus - calypso on 18 Feb 2010 at 2:43 pm

    […] ora, dopo Euriloco, Penelope, Circe e […]

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