PISANELLO

Chissà se lo sapeva, il Pisanello, di essere sopravvissuto al proprio tempo. Chissà se immaginava, mentre si innamorava della donna nascente sotto le sue dita, chissà se immaginava che quella donna l’avrebbe abbandonato come un amante noioso, prima ancora di avere occhi, di avere sorriso.

Chissà se presentiva l’eroismo della rinuncia, mentre impennacchiava un elmo, mentre raffigurava il cavaliere rovesciato dal cavallo.

Io lo credo stanco, fin da allora, di incider medaglie, rapito da un volo di anatre, da una criniera nel vento della corsa, da bellezze e incanti femminili; combattente valoroso di guerre di primavera, in grado, come Merlino, di dissolversi tra le foglie del bosco, di ritrovare la prigione d’aria e cristallo dove talvolta lo raggiunge una radiosa Viviana.

Nel pulsare del mondo, nel giro delle stagioni, il Pisanello coglieva la grazia di un movimento, raccoglieva la goccia di miele un attimo prima che cadesse, assaporava il minuto d’oro.

A Palazzo Ducale  mi coglie la vertigine del sogno, una beatitudine che non è dei sensi.

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