9 luglio 2011

Ho toccato il foulard e mi è parso tiepido delle sue mani

– orecchini spaiati, camicie da notte piegate ancora nei cassetti –

entrando nella stanza ho respirato piano, attendendola,

ma lei non c’era,

è cenere in attesa di collocazione,

un nome da incidere sulla placca di marmo,

una saponetta alla rosa su un ripiano vuoto,

posata anni fa, senza profumo.

Le cose pensano e ricordano.

Le ho ascoltate per capire

se almeno questo l’ha scelto lei,

di non chiamare più nessuno, di lasciar fermare il respiro

chè, tanto, a casa non sarebbe più tornata.

E dunque. Tutto nitido, tutto presentito.

Però io piango lo stesso, piango per me,

e non trovo un luogo

dove riporre l’amore che non dovrò più usare.

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