appunti di lettura – il più dolce delitto

Non potrò leggere con la velocità, e voracità, che mi sono consuete.

La scrittura è tesa, uniforme come la superficie del mare, mai immobile. Tersa, con qualche sbavatura, lirica. Un viaggio nelle sfaccettature della sensualità non banale, mai volgare. Una visione profondamente retta, quella che esamina il ruolo di vittima e carnefice senza soluzione di continuità. Sentirsi carnefice, oltre che vittima, permette di pensare ai propri errori: è una visione di profondo rispetto nei confronti degli altri.

Mi piace sempre cercare i termini ricorrenti di uno scrittore, quelli amati, si direbbe, inconsapevolmente, o forse contro la propria volontà (“postutto” per Umberto Eco, per fare un esempio). Qui sono, finora: latte, soave, osceno/oscenamente. Ricorrono le superfici morbide, i colori algidi, chiari, forse non colori.

La collana è curata da Giulio Mozzi. Mi interrogo sulle ragioni della sua approvazione, se lui ha approvato il testo, e le conclusioni non mi piacciono.

Io sto amando questo libro, in ogni caso, per tutt’altre ragioni. Credo sia stato scritto per tutt’altre ragioni. Scrivo questi appunti per non dimenticare, per poterci tornare, da altri luoghi.

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